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Fonte di sostentamento e rimedio per la cura dalle malattie; mezzo capace di alleviare la fatica e “semplice” materia (per la realizzazione di abiti, oggetti, ornamenti, strumenti musicali e di scrittura); ma anche mito e simbolo religioso: questo sono le piante nel loro rapporto quotidiano con l’uomo.

Fonte di sostentamento e rimedio per la cura dalle malattie; mezzo capace di alleviare la fatica e “semplice” materia (per la realizzazione di abiti, oggetti, ornamenti, strumenti musicali e di scrittura); ma anche mito e simbolo religioso: questo sono le piante nel loro rapporto quotidiano con l’uomo. Il giardino della biodiversità racconta le loro storie. Eccone solo alcuni esempi, presenti presso l’Orto botanico.

Coffea arabica

La pianta del caffè viene descritta per la prima volta in Italia da Prospero Alpini, medico e poi prefetto dell’Orto botanico. Nel suo De plantis Aegypti del 1592, scritto dopo un lungo e avventuroso viaggio in Africa, parla degli impieghi terapeutici della bevanda ottenuta dai suoi semi tostati. È il preludio all’arrivo del caffè in Occidente ad opera dei veneziani durante il XVI e il XVII secolo. La sua diffusione diviene subito enorme e si creano coltivazioni dovunque il clima lo permetta: gli olandesi portano il caffè a Giava (1699) e nella Guiana (1714). Solo nel 1727 arriva in Brasile, il paese che ne diventerà il maggior produttore del mondo.

Ravenala madagascariensis

Simbolo nazionale del Madagascar, comunemente detta “palma del viaggiatore”, in realtà non è affatto una palma: il suo nome è legato ai viaggiatori che bevevano l’acqua accumulata dalle sue maestose foglie. Trovava impiego nell’edilizia tradizionale: le foglie venivano utilizzate per la copertura dei tetti, i grandi piccioli, cioè le strutture che sostengono le sue foglie, servivano per realizzare pareti di separazione nelle abitazioni locali, mentre la scorza era utilizzata per pavimentare le case. È anche una pianta da fibra e non mancano gli utilizzi alimentari. Dalla linfa del fusto si ottiene una sostanza zuccherina e i suoi semi, commestibili, contengono olii alimentari, a metà tra l’olio di palma e il burro di cacao. Infine, il midollo del fusto serve come cibo per gli animali. A farne una specie di notevole interesse ornamentale è invece la sua forma, simile a un grande ventaglio aperto.

Cycas circinalis

La Cycas circinalis è una pianta originaria dell’India meridionale che vive in una regione ristretta negli stati del Karnataka, del Kerala e del Tamil Nadu. La raccolta di foglie di Cycas per la floricoltura e l’abbattimento per l’estrazione del midollo dal tronco (la Cycas è utilizzata dalle popolazioni anche per l’alimentazione) si accompagnano a un attività di disboscamento che ha distrutto più del 50% del suo habitat originario in poco più di cinquant’anni. La Cycas circinalis è entrata così a far parte, nel 2009, della red list dell’International Union for the Conservation of Nature come specie in pericolo.

Theobroma cacao

Il nome Theobroma significa “cibo degli dei”, e testimonia la connotazione elitaria dei suoi primi utilizzi alimentari. Le proprietà del cacao erano sicuramente note più di duemila anni fa presso le popolazioni indigene delle foreste tropicali pluviali dell’America centrale e meridionale, dove la specie cresce spontaneamente. Alcuni studi hanno dimostrato l’esistenza di residui di cacao in alcuni recipienti utilizzati per bere, ritrovati in Honduras e databili fino al 1150 a.C. Come testimoniano i ritrovamenti archeologici, presso i maya il consumo di cioccolato doveva essere riservato alla nobiltà e ad occasioni particolari. Gli aztechi, invece, pare fossero soliti preparare una bevanda di sapore amaro che veniva consumata fredda e considerata afrodisiaca. Conteneva diversi ingredienti quali semi di mais, semi di cacao, acqua, peperoncino rosso e altre spezie come la vaniglia. Il cacao era considerato così prezioso che i suoi semi, fino a metà Ottocento, venivano localmente utilizzati anche come moneta.

Mangifera indica

È un albero sempreverde di grandi dimensioni: può crescere fino a 30-40 metri di altezza e la circonferenza della sua chioma può raggiungere i 10 metri. Si tratta di una delle circa 50 specie del genere Mangifera che crescono in diverse parti dell’Asia orientale meridionale. Circa la metà di queste, tra cui la indica, ha frutti commestibili che sono comunemente utilizzati dalle popolazioni locali. Il mango è considerato il frutto nazionale dell’India, del Pakistan e delle Filippine e secondo i dati Fao, la Mangifera indica è la sesta specie da frutto in ordine di importanza a livello mondiale, con una produzione di 26 milioni di tonnellate per anno. Ma le antichissime radici del suo utilizzo umano trovano riscontro anche nei numerosi significati religiosi e simbolici nella cultura popolare indiana.

Le piante succulente

Anche negli ambienti aridi esistono strettissimi legami tra le comunità umane e le piante. Queste ultime hanno sviluppato un particolare adattamento all’ambiente caratterizzato da uno scarso sviluppo in superficie, da forme cilindriche o sferiche, dall’assenza di foglie. Assorbono rapidamente acqua, quando è disponibile, e la cedono invece lentamente, man mano che viene consumata per i processi metabolici della pianta. Parallelamente, le popolazioni umane che vivono in ambienti desertici hanno sperimentato e imparato, nel corso del tempo, ad utilizzare al meglio le scarse risorse vegetali disponibili. Le collezioni storiche di piante succulente dell’Orto botanico disegnano la trama di queste relazioni e ne mantengono la memoria. La Carnegiea gigantea è una specie succulenta della famiglia delle Cactaceae, che può raggiungere notevoli dimensioni. Vive allo stato spontaneo nel deserto di Sonora, esteso su una vasta zona che comprende l’omonima regione messicana, l’Arizona e la California. Raggiunge la maturità riproduttiva a 30-35 anni di vita; un individuo di 50-70 anni di età può produrre anche cento frutti per stagione. Le popolazioni indigene se ne cibano e hanno messo a punto diverse procedure per conservare frutti e semi il più a lungo possibile, come frutta secca o come sciroppo. I semi vengono fatti seccare e macinati per ottenere una farina da usare nella preparazione di focacce. La raccolta stagionale dei frutti di Carnegiea avviene con differenti riti e modalità, e il legame delle popolazioni indigene con questa pianta è così forte che il calendario della popolazione locale, i Tohono O’odham, tiene conto dello stadio di sviluppo e maturazione dei frutti. Un esempio di utilizzo medico delle piante succulente viene invece dalle Aloeacee cui appartengono ad esempio l’Aloe vera e l’Aloe arborescens. Usate già in tempi antichissimi come cicatrizzanti e lenitivi, sono oggi al centro del rinnovato interesse della scienza medica che ne ha sperimentato l’utilizzo per la produzione di farmaci antitumorali.