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Scopri di piùSpecie botaniche
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Tamus communis
Specie submediterranea presente in tutta Italia dalla costa alla fascia montana inferiore ove diviene più sparsa e rara. Cresce in boschi e boscaglie termofili e nei rispettivi mantelli, su suoli da poco a mediamente profondi, sia calcarei che marnoso-arenacei, abbastanza umiferi ed esposti ad una certa siccità estiva. Il nome generico fu usato da Plinio e da Columella per un vitigno selvatico. I germogli sono commestibili previa cottura ma le parti fresche sono tossiche ed i frutti molto velenosi; il contatto con le foglie può causare irritazioni della pelle. Forma biologica: geofita radicegemmata. Periodo di fioritura: aprile-luglio.
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Sambucus nigra
Il sambuco nero è una specie a distribuzione subatlantico-sudeuropea presente in tutte le regioni d'Italia. Originaria di boschi di forra freschi ed umidi si è poi diffusa in ambienti disturbati ed è oggi comunissima presso gli abitati, su suoli limoso-argillosi piuttosto freschi, ricchi in basi e in composti azotati, da neutri a subacidi, dal livello del mare alla fascia montana superiore. È una pianta non longeva che vive circa 50 anni, da cui si possono estrarre varie sostanze, tra cui tannino, saccarosio, olio essenziale, coloranti, cera e resine; per questo è utilizzata nella medicina popolare. I fiori sono usati per preparare bevande, i frutti per sciroppi, marmellate, succhi e liquori; le foglie sono invece tossiche. Il nome generico deriva dal greco 'sambuke', uno strumento musicale costruito con legno tenero; il nome specifico si riferisce al colore nero dei frutti. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Chamaerops humilis
La palma nana è l’unica palma spontanea in Italia. In natura cresce nella macchia mediterranea, e da noi è diffusa soprattutto lungo le coste tirreniche, mentre altrove viene spesso coltivata a scopo ornamentale. Gli esemplari dell’Orto botanico di Padova, che raggiungono dimensioni ragguardevoli, sembra siano stati piantati nel 1585 e vengono chiamati anche ‘palma di Goethe’ , in quanto furono citati dal grande scrittore tedesco nella sua importante opera dedicata alla metamorfosi delle piante. Il nome generico deriva dal greco 'khamai' (piccolo) e 'rhops' (arbusto, cespuglio), alludendo alle piccole dimensioni della pianta negli ambienti naturali; il nome specifico ha lo stesso significato. Forma biologica: fanerofita scaposa/ nanofanerofita. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Aquilegia vulgaris
L'aquilegia comune è una specie a vasta distribuzione eurasiatico-temperata presente in tutte le regioni d’Italia salvo che in Sardegna, più spesso coltivata nei giardini e inselvatichita. Cresce in faggete e boschi misti, le forme sfuggite alla coltivazione anche in ambienti urbanizzati. Tutta la pianta e soprattutto i semi sono tossici per il contenuto in glucosidi cardioattivi che liberano acido cianidrico e alcaloidi (aquilegina). Il nome generico, di antico uso, ha etimologia incerta: potrebbe derivare dal latino 'aquilegium' (recipiente per l'acqua) per la forma dei fiori, o da 'aquila' per gli speroni simili al becco dell'aquila; il nome specifico deriva dal latino ‘dumétum’ (cespuglio) e ‘colo’ (abito) e significa quindi ‘che vive fra i cespugli’. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-agosto. Syn.: Aquilegia vulgaris auct. Fl. Ital.
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Myrtus communis
Il mirto, presente allo stato spontaneo nella macchia mediterranea, è spesso coltivato come pianta ornamentale in parchi e giardini, da cui a volte sfugge soprattutto nell'Italia mediterranea. Il nome generico deriva da ‘mýrtos’, quello greco della pianta, e questo forse deriva da ‘mýro’ (io stillo); è legato a quello di Myrsine, leggendaria fanciulla greca uccisa da un giovane da lei battuto nei giochi ginnici e trasformata da Pallade in un arbusto di mirto. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Platanus orientalis L
Il platano orientale è un albero alto fino a una quarantina di metri, dal tronco grosso e dalla chioma fitta, molto ombrosa, comune in un’area che va dalla regione mediterranea orientale sino ad Est dell'Himalaya. Non pochi studiosi lo ritengono indigeno anche in Sicilia, Calabria e Cilento, dove cresce spontaneamente in formazioni boschive umide lungo i corsi d'acqua.
Il platano orientale è un albero longevo e resistente, a crescita rapida, che preferisce terreni argillosi e umidi. La sua corteccia è liscia e tende a sfogliarsi, mettendo in evidenza la nuova scorza spesso chiarissima. Le grandi foglie, lungamente picciolate, sono molto eleganti e incise fino a oltre la metà del lembo; in autunno, prima di cadere, assumono un caldo giallo sfumato d'ocra. I fiori sono riuniti in infiorescenze pendule sferiche; sferiche sono anche le infruttescenze dotate di lunghi peli, che si disperdono nell'aria quando giunge la primavera.
Largamente coltivato nell'Europa meridionale, non sopporta invece il clima dell'Europa settentrionale, dove non giunge l'influenza moderatrice del mare. In queste regioni infatti è presente la specie Platanus occidentalis L. introdotta dal Nord America.
In Inghilterra, le due specie di platani produssero spontaneamente, attorno al 1670, un ibrido fertile, Platanus hybrida Brot., il platano comune, che può crescere anche in zone molto fredde ed è molto più vigoroso dei progenitori. Esso viene coltivato a scopo ornamentale in tutte le zone temperate della terra, soprattutto nelle piane irrigue, in parchi e lungo le strade. La sua resistenza è stata però, nella seconda metà del 1900, messa alla prova da un'infezione fungina (il cancro colorato del platano) di origine americana, che ha portato alla morte molte piante ultracentenarie.
Il platano orientale dell'Orto botanico è stato messo a dimora nel 1680 nell'arboreto, poco lontano dal cancello d'accesso: attualmente rappresenta la seconda pianta più vecchia. Si tratta di un albero imponente, con la singolare particolarità di possedere un fusto cavo, probabilmente come conseguenza di un fulmine. La pianta continua lo stesso a vegetare, perché normalmente la parte più interna del legno (duramen) non è più funzionante e quindi non più necessaria. Nella parte più esterna si trovano invece i tessuti di conduzione funzionanti, che vengono ritmicamente prodotti ogni anno e che assicurano la sopravvivenza della pianta.
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Atropa belladonna
La belladonna è una specie a vasta distribuzione eurasiatica presente in tutte le regioni d'Italia. Cresce nelle radure delle faggete e quercete mesofile, su suoli limoso-argillosi freschi e profondi, da neutri a subacidi; appare sporadicamente anche altrove per opera degli uccelli. La pianta contiene alcaloidi fortemente tossici, tra cui josciamina, atropina e scopolamina. Il nome generico deriva da Atropos, una delle tre Parche che recidevano il filo della vita, per la forte velenosità della pianta; il nome specifico si riferisce all'uso rinascimentale da parte delle donne per l'allargamento delle pupille a scopo cosmetico (midriasi). Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-settembre.
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Daucus carota
La carota selvatica, originaria dalla parte meridionale dell'Eurasia ma oggi diffusa nelle zone temperate di tutto il mondo, è presente con diverse sottospecie in tutte le regioni d’Italia. Cresce sia negli aspetti più aridi dei prati da sfalcio che in vegetazioni ruderali presso gli abitati, nelle discariche, nelle cave, lungo le vie, su suoli non molto profondi ma ricchi in basi e composti azotati, a volte anche subsalsi, dal livello del mare a 1.400 metri circa. La radice era conosciuta sin dall'antichità e Plinio la cita per le proprietà cicatrizzanti, diuretiche e digestive; le carote 'antiche' erano però sottili e nodose, con gusto acre e polpa biancastra 'dura come pietra', in quanto la selezione delle carote coltivate oggi iniziò nel XVI secolo. Il nome generico deriva dal greco dal greco 'daio' (bruciare, riscaldare) forse per le presunte proprietà riscaldanti della pianta; il nome specifico era già in uso presso gli antichi Greci. Forma biologica: emicriptofita bienne (terofita scaposa). Periodo di fioritura: aprile-ottobre.
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Cycas revoluta
La cycas, scoperta alla fine del Settecento, è nativa del Giappone meridionale; fu messa per la prima volta a dimora in Europa nel 1793, presso l'Orto botanico di Palermo. Cresce in terreni sabbiosi, ben drenati, in aree con estati molto calde (temperature medie di 30-35°C) ma tollera anche climi con temperature più basse; l’occasionale esposizione a temperature al di sotto dello zero può però causare danni alle foglie. Il midollo del tronco è utilizzato per la preparazione del sago, una fecola di impiego alimentare; nei luoghi di produzione il sago rappresenta un prodotto di notevole importanza alimentare e viene anche esportato. La pianta, anche in quantità limitate, se ingerita da cani o gatti può provocare danni respiratori ed epatici, e nei casi più gravi la morte; il nome specifico si riferisce al caratteristico aspetto revoluto delle foglie giovani.
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Melissa officinalis
La melissa è una specie di origine mediterraneo-orientale, da noi di antica introduzione e spesso spontaneizzata, presente in quasi tutte le regioni d’Italia (segnalata erroneamente in Valle d'Aosta). Cresce in siti più o meno ruderali, ai margini di boschetti alterati, lungo viottoli ombreggiati, su suoli umici, basici, aridi d'estate, ricchi in composti azotati, dal livello del mare a 1.000 metri circa. La pianta contiene diversi principi attivi ed è ancor oggi usata come spezia e pianta medicinale. Il nome generico è quello greco dell'ape; il nome specifico deriva dal latino 'officina' (officina, farmacia) e si riferisce all’uso a scopo medicinale. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-agosto.
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Orchis laxiflora
Orchis laxiflora
Chiamata comunemente orchide acquatica o galletto di palude, è una specie a distribuzione eurimediterranea presente in tutte le regioni d'Italia salvo che in Valle d'Aosta e forse Trentino-Alto Adige. Cresce in prati umidi ed acquitrinosi, paludi, bordi di stagni, su suoli freschi e tendenzialmente acidi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. Il fusto, alto fino a 60 cm, è sfumato in viola nella parte sommitale. Porta fiori di colore porpora scuro, con labello pendulo, ampio e con tre lobi, con il mediano è più chiaro. Lo sperone violetto, più corto dell’ovario, è rivolto verso l’alto. Il nome generico deriva dal greco 'anakamptéin' (ripiegare), per i tepali esterni ripiegati all'infuori o per le due lamelle rialzate e piegate verso l'esterno che si trovano all'entrata dello sperone; il nome specifico deriva dai vocaboli latini 'laxus' (allentato) e 'flos' (fiore) per l'infiorescenza lassa con relativamente pochi fiori.
La specie è stata recentemente trasferita al genere Anacamptis sulla base di dati molecolari, prima faceva parte del genere Orchis, che in greco significa 'testicoli', alludendo ai due tuberi appaiati di grandezza diversa. Fiorisce da aprile a giugno. Nei prati umidi del Parco Naturale Regionale del fiume Sile trova condizioni adatte alle sue esigenze ecologiche, ma è presente anche in altre località del Veneto, fra cui il Parco Regionale dei Colli Euganei.
Entità protetta a livello nazionale, nella Lista Rossa del Veneto le viene attribuito un livello di rischio “CR”, cioè gravemente minacciata di estinzione.
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Coriandrum sativum
Il coriandolo è una pianta annua originaria dalla parte sud-occidentale della regione mediterranea, oggi ampiamente coltivata in tutto il mondo; in Italia è presente in quasi tutte le regioni come specie avventizia sfuggita alla coltura. Cresce in ambienti disturbati e soprattutto nelle colture di frumento, dal livello del mare ai 1.000 metri circa. Nelle civiltà mediterranee trovò impiego come pianta aromatica e medicinale sin dal tempo degli egizi e dei micenei. Dai semi rivestiti di zucchero prendono nome i coriandoli di Carnevale, ora dischetti di carta multicolori. Benché originario dei paesi del Mar Mediterraneo, le foglie fresche e i frutti sono utilizzati prevalentemente nelle cucine indiana e latino-americana. Il nome generico deriva dal greco ‘korios’ (cimice) in riferimento alla somiglianza dell'odore della pianta con quello delle cimici dei letti; il nome specifico significa ‘coltivato’. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.