
L'Orto botanico torna ad accogliere i visitatori a marzo, con l'arrivo della primavera.
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Sempervivum dolomiticum
Sempervivum dolomiticum
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Sempervivim tectorum) appartiene allo stesso genere.
Simbolo del Parco delle Dolomiti d’Ampezzo, il semprevivo delle Dolomiti vegeta esclusivamente su substrati di dolomia e calcare. Presenta piccole rosette (2-4 cm) di foglie verdi, appuntite, con gli apici arrossati.
Al momento della fioritura, cui seguirà la morte della rosetta, la pianta cambia colore: dal centro della rosetta si allunga uno stelo, portante foglioline e fiori, tutti uniformemente di un rosso acceso. I petali presentano una striatura centrale di colore ancora più marcato. Fiorisce raramente, fra fine luglio e inizio agosto, e solo in questa fase è facilmente distinguibile da altre specie simili.
In Italia questa specie è presente solo in Veneto e Trentino Alto Adige ed è considerata un "relitto glaciale”, perché sopravvisse alle glaciazioni rifugiandosi sulle scarse cime che non furono sepolte dal mare di ghiaccio.
E’ una pianta con proprietà officinali, astringente, anti infiammatoria e rinfrescante. Era usata contro le punture di insetti, le ustioni e come collirio
Nella Lista Rossa del Veneto è a livello di rischio “VU”, cioè vulnerabile.
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Parietaria officinalis
L’erba vetriola comune è una specie dell’Europa centro-meridionale presente in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Calabria. Cresce in vegetazioni disturbate quali orli di boscaglie e siepi, a volte alla base di muri in situazioni piuttosto ombreggiate, su suoli argillosi piuttosto freschi e ricchi in composti azotati, dal livello del mare a 900 metri circa. La pianta ha proprietà diuretiche, ma il polline è fortemente allergenico; le giovani foglie lessate venivano consumate come gli spinaci. Il nome generico si riferisce al fatto che molte specie crescono su muri; il nome specifico deriva dal latino 'officina' (officina, farmacia) e fa riferimento all’uso a scopo medicinale. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-ottobre.
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Catharanthus roseus
Il genere Catharanthus comprende otto specie di cui sette endemiche del Madagascar e una di origine indiana. Tra queste la più nota è C.roseus (o pervinca rosa del Madagascar), una pianta erbacea sempreverde a portamento cespuglioso, con foglie lucide e coriacee di forma ovale e fiori piuttosto grandi, di colorazione variabile dal bianco al rosa scuro, con colorazione più intensa al centro. Diffusamente utilizzata da secoli nella medicina Ayurvedica e in quella cinese, da alcune decine di anni si è scoperto che l’intera pianta essiccata contiene diversi alcaloidi di uso medicinale, fra cui la vinblastina e la vincristina impiegate per curare diverse patologie tra cui la leucemia e altre forme tumorali.
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Corylus avellana
Il nocciolo è un arbusto deciduo a distribuzione europea con tendenza subatlantico-submediterranea, presente in tutte le regioni d’Italia. Cresce nelle radure e nei mantelli di boschi di latifoglie decidue, su suoli limoso-argillosi profondi, freschi, umiferi, ricchi in basi e composti azotati, dalla fascia submediterranea a quella montana. Le qualità alimentari della nocciola sono note fin dall'antichità: sono un alimento energetico di grande valore e una preziosa fonte di vitamine e minerali. L'industria dolciaria utilizza la farina di nocciole per la produzione di nocciolati, torroni e pasta di gianduia (creata quando Napoleone bloccò l'importazione delle spezie e si verificò una penuria di cacao). L'alta capacità pollonifera ha favorito la coltivazione del nocciolo come pianta ornamentale e da frutto. Il legno, ottimo combustibile, è utilizzato anche per palerie. Il nome generico deriva dal greco 'koris' (elmo), e si riferisce alla forma dell'involucro erbaceo che ricopre la nocciola; il nome specifico deriva da Avella, un centro campano nella provincia di Avellino, noto sin dai tempi dei Romani per la produzione di nocciole. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: marzo-aprile.
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Neoregelia tristis
Pianta appartenente alla famiglia delle Bromeliaceae, endemica del Brasile. Su un fusto molto corto è inserita una rosetta di foglie lunghe e piatte che al centro formano una coppa nella quale si accumula l'acqua piovana, utile riserva per la pianta e nella quale spesso si sviluppano una ricca flora e fauna. Quando la pianta fiorisce le foglie al centro della rosetta colorazioni vivaci, dal rosso vivo al violetto, la rosetta si allarga e al centro compare un’infiorescenza bassa e piatta con piccoli fiori bianchi o blu. La pianta impiega due-tre anni per iniziare a fiorire, la fioritura continua per qualche mese e infine la pianta muore, dopo aver però prodotto polloni basali, dai quali ricomincia il ciclo vitale.
È soprattutto apprezzata come pianta ornamentale vista anche la sua capacità di adattarsi a molteplici condizioni.
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Vitis vinifera
La vite è una liana decidua tipicamente mediterranea, oggi coltivata in tutte le aree del globo con clima di tipo mediterraneo (California, Cile Centrale, Sudafrica, Australia meridionale). I primi riferimenti storici alla vite e al vino si trovano tra i Sumeri nell'Epopea di Gilgamesh (III millennio a.C.); testimonianze della coltura si hanno in numerosi geroglifici egizi, presso i quali il vino era bevanda riservata ai sacerdoti, agli alti funzionari e ai re. Furono i Greci ad introdurre la vitivinicoltura in Europa, già in epoca minoica. Esiodo descrive in dettaglio pratiche di vendemmia e di vinificazione e numerosi sono i riferimenti alla vite e al vino anche in Omero. Ai coloni greci si deve l’introduzione della viticoltura in Italia meridionale, dove la pianta incontrò condizioni climatiche e pedologiche ideali, al punto da far meritare alla regione il nome di Enotria. Studi paleontologici hanno però dimostrato che la pianta della vite era già diffusa in Italia, in particolare in Toscana, dove esisteva prima della comparsa degli etruschi. I Romani perfezionarono ulteriormente le tecniche vitivinicole apprese dagli etruschi, come illustrato da numerose opere, in cui si ritrovano concetti biologici e tecniche di coltura tuttora validi. Nel XIX secolo due malattie fungine e un insetto provenienti dall'America sconvolgono la vite: la peronospora della vite, l'oidio e la fillossera, che distrussero vaste estensioni di vigneti tra il 1870 e il 1950. I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti su specie (e ibridi) di origine americana (Vitis berlandieri, V. rupestris e V. riparia), resistenti alla fillossera, e a utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo e il rame per contrastare l'oidio e la peronospora. A volte la vite appare anche allo stato subspontaneo, in arbusteti e siepi presso gli abitati rurali ed in vegetazioni ruderali, su suoli limoso-argillosi mediamente profondi, neutro-subacidi, ricchi in composti azotati. Il nome generico è il nome latino della vite, che deriva da 'viere' (legare), in riferimento alla flessibilità dei rami; il nome specifico si riferisce alla coltivazione per produrre il vino. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Primula recubariensis
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Primula auricula) appartiene allo stesso genere.
Fra le primule del Veneto e dell’Italia è sicuramente un elemento di rilievo per l’areale ridottissimo: si trova unicamente nel Gruppo del Carega e sulla Catena delle Tre Croci al confine tra Veneto e Trentino. Questa minuscola primula dalla corolla violetta cresce su fessure, anfratti ombreggiati e umidi delle rupi, su roccia calcareo – dolomitica, quasi sempre esposta a nord, tra 1400 e 2030 metri. Fu descritta nel 1997 per le guglie del Monte Fumante, nel comune di Vallarsa in Trentino, una zona piuttosto conosciuta da arrampicatori ed escursionisti. Fu dedicata a Recoaro, come indicato dal nome della specie. Fino ad allora era stata scambiata per la simile Primula hirsuta All., che tuttavia vegeta su rocce silicee a razione acida. Il periodo di fioritura comprende maggio e giugno.
La Lista Rossa del Veneto indica il livello di minaccia “NT” cioè quasi a rischio.
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Rubia tinctorum
La robbia dei tintori, o robbia domestica, è una specie di origine asiatica (dal Medio Oriente e Turchia all’Asia Centrale), da noi in passato coltivata per la tintura dei tessuti, oggi raramente presente allo stato subspontaneo in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Liguria, ma in forte regresso e in molte regioni non più osservata da lungo tempo. Cresce in boscaglie e siepi, al di sotto della fascia montana. Dalla radice, che contiene diversi composti polifenolici (antrachinoni), si otteneva sin da tempi antichissimi un colorante rosso, da cui derivano sia il nome generico (dal latino ‘ruber’, rosso) che quello specifico. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile giugno.
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Himantoglossum adriaticum
Himantoglossum adriaticum
Il barbone adriatico è un’orchidea a distribuzione eurimediterraneo orientale (Italia e Penisola Balcanica) presente in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Valle d’Aosta e in Puglia. La distribuzione regionale si concentra nella parte sudorientale del territorio; in Carso la specie è localizzata sul M. Sabotino e nei dintorni di Trieste. Cresce negli orli di boschi termofili di latifoglie decidue e in prati submesofili, su suoli argillosi abbastanza profondi, ricchi in basi ma talvolta decalcificati, da neutri a subacidi, al di sotto della fascia montana inferiore. Il nome generico deriva dal greco 'himántos' (striscia di cuoio), e 'glossa' (lingua), per il lunghissimo labello nastriforme; il nome specifico si riferisce alla distribuzione centrata sulle regioni situate attorno al Mare Adriatico. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Prunus avium
Il ciliegio è un albero deciduo oggi divenuto subcosmopolita per coltivazione in diverse varietà; l'areale originario dovrebbe essere il territorio che va dal Caucaso ai Balcani; secondo alcuni autori che si rifacevano agli scritti di Plinio, l'ingentilimento e la messa a coltura sono iniziati nell'Asia occidentale; tuttavia, i semi sono stati trovati in depositi archeologici presso insediamenti dell'età del bronzo antico in tutta Europa, compresa la Gran Bretagna, oppure presso Desenzano del Garda e Lonato. Allo stato coltivato il ciliegio è comune in tutta Italia sino alla fascia montana inferiore; allo stato subspontaneo è diffuso ma non sempre comune e cresce in boschi mesofili maturi e talvolta nelle siepi, su suoli argillosi piuttosto profondi e abbastanza ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Si coltiva per il frutto fresco o da conservare in alcool, come pianta ornamentale, per la ricca fioritura primaverile e per l'aspetto che acquisisce in autunno con l'ingiallimento delle foglie, oppure per il legname. Il legno è duro, a grana uniforme, dalle tonalità calde, bruno-rossicce, e si presta per la costruzione di mobili di pregio e lavori al tornio. Le foglie contengono una sostanza colorante viola. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia incerta (deriva comunque dal greco ‘prunon’, che significa ‘prugna’), quello specifico in latino significa 'degli uccelli'. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Euonymus europaeus
La fusaggine comune, o berretta da prete, è una specie a distribuzione eurasiatica presente in tutte le regioni d'Italia. Entra nello strato arbustivo dei boschi termofili di latifoglie decidue rarefacendosi a partire dalle faggete; l'optimum è nei mantelli e nelle siepi, su suoli argillosi piuttosto freschi, ricchi in basi e composti azotati, al di sotto della fascia montana superiore. I semi sono tossici (evonina) ed erano usati come drastico purgante. Nel Medioevo dal legno si ottenevano fusi per filare la lana, da cui il nome italiano; i frutti e la corteccia erano utilizzati per le proprietà emetiche, purganti e insetticide: la polvere dei frutti seccati e macinati veniva usata per combattere i pidocchi e il decotto di frutti e corteccia era usato contro la rogna. Il nome generico deriva dal greco 'eu' (buono) e 'onoma' (nome), cioè 'pianta con buona fama', in senso ironico a causa della velenosità dei frutti. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Ravenala madagascariensis
Viene detta comunemente palma del viaggiatore, ma non è affatto una palma: è invece una specie erbacea ad alto fusto della famiglia delle Strelitziaceae. La maestosità di questa pianta è legata alla sua morfologia: all’apice del fusto, lungo circa una decina di metri, sono addensate le foglie simili a quelle del banano, disposte rigorosamente in un unico piano, a formare un enorme ventaglio. Il suo nome viene attribuito al fatto che alla base del picciolo, allargata a coppa, si raccoglie l'acqua piovana che scivola lungo il picciolo e che viene usata dai viaggiatori per dissetarsi. In realtà R. madagascariensis è endemica delle foreste pluviali del Madagascar, ambiente nel quale l’acqua abbonda, quindi è probabilmente più verosimile la versione che attribuisce il nome comune di questa pianta al fatto che il ventaglio di foglie è in tutti gli esemplari sempre orientato in una direzione precisa e funziona quindi come una bussola per il viaggiatore. In lingua malgascia il nome del genere significa “foglie della foresta”.
Specie simbolo del Madagascar, la silhouette inconfondibile della chioma di R. madagascariensis compare stilizzata nel logo della compagnia aerea nazionale.
Fra le guaine delle ultime foglie compaiono le infiorescenze, costituite da spighe di numerosi fiori bianchi, protette da grandi brattee distiche. L’impollinazione è ad opera di pipistrelli e lemuri.
I frutti sono capsule in cui i semi sono avvolti in fibre di colore blu intenso che attirano gli uccelli che disseminano la specie.
Le foglie sono utilizzate come materiale per la costruzione delle tradizionali abitazioni, mentre dal fusto si ricava una grasso commestibile