Sono visitabili l'Orto antico, le serre ottocentesche, l’arboreto e il Museo botanico
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Scopri di piùSpecie botaniche
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Platanus orientalis L
Il platano orientale è un albero alto fino a una quarantina di metri, dal tronco grosso e dalla chioma fitta, molto ombrosa, comune in un’area che va dalla regione mediterranea orientale sino ad Est dell'Himalaya. Non pochi studiosi lo ritengono indigeno anche in Sicilia, Calabria e Cilento, dove cresce spontaneamente in formazioni boschive umide lungo i corsi d'acqua.
Il platano orientale è un albero longevo e resistente, a crescita rapida, che preferisce terreni argillosi e umidi. La sua corteccia è liscia e tende a sfogliarsi, mettendo in evidenza la nuova scorza spesso chiarissima. Le grandi foglie, lungamente picciolate, sono molto eleganti e incise fino a oltre la metà del lembo; in autunno, prima di cadere, assumono un caldo giallo sfumato d'ocra. I fiori sono riuniti in infiorescenze pendule sferiche; sferiche sono anche le infruttescenze dotate di lunghi peli, che si disperdono nell'aria quando giunge la primavera.
Largamente coltivato nell'Europa meridionale, non sopporta invece il clima dell'Europa settentrionale, dove non giunge l'influenza moderatrice del mare. In queste regioni infatti è presente la specie Platanus occidentalis L. introdotta dal Nord America.
In Inghilterra, le due specie di platani produssero spontaneamente, attorno al 1670, un ibrido fertile, Platanus hybrida Brot., il platano comune, che può crescere anche in zone molto fredde ed è molto più vigoroso dei progenitori. Esso viene coltivato a scopo ornamentale in tutte le zone temperate della terra, soprattutto nelle piane irrigue, in parchi e lungo le strade. La sua resistenza è stata però, nella seconda metà del 1900, messa alla prova da un'infezione fungina (il cancro colorato del platano) di origine americana, che ha portato alla morte molte piante ultracentenarie.
Il platano orientale dell'Orto botanico è stato messo a dimora nel 1680 nell'arboreto, poco lontano dal cancello d'accesso: attualmente rappresenta la seconda pianta più vecchia. Si tratta di un albero imponente, con la singolare particolarità di possedere un fusto cavo, probabilmente come conseguenza di un fulmine. La pianta continua lo stesso a vegetare, perché normalmente la parte più interna del legno (duramen) non è più funzionante e quindi non più necessaria. Nella parte più esterna si trovano invece i tessuti di conduzione funzionanti, che vengono ritmicamente prodotti ogni anno e che assicurano la sopravvivenza della pianta.
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Phoenix reclinata
La palma da datteri del Senegal è endemica dell'Africa tropicale, del Madagascar e delle Isole Comore, ove cresce dal livello del mare sino alle foreste pluviali montane. Da noi viene a volte coltivata a scopo ornamentale in parchi e giardini di aree a clima mite. I frutti sono commestibili, così come la parte centrale del fusto. Nella provincia di KwaZulu-Natal e nel Delta dell'Okavango, in Botswana, la linfa viene sfruttata poco prima della fioritura per produrre il vino di palma. Le fibre delle giovani foglie non ancora aperte vengono usate per la realizzazione di tappeti, kilt e scope. Le radici, che contengono tannino possono essere utilizzate per produrre un colorante marrone; esse inoltre producono una gomma edule. Il nome generico, già citato da Teofrasto, significa ‘fenicio’ perché sarebbero stati proprio i fenici a far conoscere la palma da dattero ai Greci; il nome specifico allude alle foglie fortemente ripiegate verso il basso. Forma biologica: fanerofita scaposa.
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Azolla filiculoides
L'azolla maggiore è una specie originaria delle zone tropicali del continente americano ormai divenuta subcosmopolita e presente come avventizia in molte regioni d'Italia. Cresce sulla superficie di acque stagnanti o a scorrimento molto lento, sopportando bene anche una relativamente forte eutrofizzazione. La pianta ospita in una cavità basale della fronda un cianobatterio simbionte, Anabaena azollae in grado di fissare l'azoto atmosferico rendendolo disponibile alla pianta. Per questo motivo le specie di questo genere hanno uno sviluppo molto rapido e divengono spesso infestanti. Il nome generico deriva dal greco 'azo' (seccare) e 'ollyo' (rovinare) per il fatto che non sopravvive se tolta dall'acqua; il nome specifico, dal diminutivo latino di 'filix' (felce) e dal greco 'eidos' (apparenza), si riferisce alla somiglianza con una piccola felce. Forma biologica: idrofita natante. Periodo di sporificazione: luglio-settembre.
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Ligustrum vulgare
Il ligustro comune è un arbusto delle zone temperate dell'Eurasia, presente in tutte le regioni d'Italia salvo che in Sardegna. Cresce nei mantelli dei boschi decidui termofili ma anche nelle siepi e nel sottobosco, su suoli da superficiali a profondi e freschi, ricchi in basi, più o meno umiferi, al di sotto della fascia montana. Tutte le parti della pianta, soprattutto le bacche, contengono glucosidi e sono tossiche; in passato il succo dei frutti veniva utilizzato per colorare di rosso il vino o per produrre inchiostri; la scorza contiene una sostanza utilizzata come colorante giallo per la lana; si tratta di un'ottima pianta mellifera, utilizzata per la formazione di siepi, che può vivere dai 30 ai 50 anni. Il nome generico, già in uso presso i Romani, deriva dal latino 'ligare' per la flessibilità dei rametti usati nelle campagne come legacci; il nome specifico deriva dal latino 'vúlgus' (volgo) e significa 'comune, diffuso, frequente'. Forma biologica: nanofanerofita. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Atropa belladonna
La belladonna è una specie a vasta distribuzione eurasiatica presente in tutte le regioni d'Italia. Cresce nelle radure delle faggete e quercete mesofile, su suoli limoso-argillosi freschi e profondi, da neutri a subacidi; appare sporadicamente anche altrove per opera degli uccelli. La pianta contiene alcaloidi fortemente tossici, tra cui josciamina, atropina e scopolamina. Il nome generico deriva da Atropos, una delle tre Parche che recidevano il filo della vita, per la forte velenosità della pianta; il nome specifico si riferisce all'uso rinascimentale da parte delle donne per l'allargamento delle pupille a scopo cosmetico (midriasi). Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-settembre.
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Primula tyrolensis
Primula tyrolensis
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Primula auricula) appartiene allo stesso genere.
La primula tirolese è una specie endemica delle Alpi Orientali, presente dal Trentino-Alto Adige al Friuli. La distribuzione regionale è ristretta alle Alpi Carniche sudoccidentali e alle Prealpi Carniche occidentali. Cresce in ambienti rocciosi, soprattutto nelle fessure di rocce ricche in humus e su rupi umide ed ombrose, prevalentemente su substrati calcarei, dalla fascia montana superiore a quella alpina. Il nome generico è il diminutivo del termine latino 'prímus' (primo) in allusione alla precoce fioritura di alcune specie; il nome specifico si riferisce al Tirolo, da cui la specie fu originariamente descritta. Forma biologica: emicriptofita rosulata. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Ginkgo biloba L.
Il ginkgo è la sola specie vivente del gruppo delle Ginkgophyta e senza dubbio la pianta a semi più antica. Piante molto simili ad essa erano diffuse su tutte le terre emerse nel Giurassico e nel Cretaceo, ma poi andarono progressivamente scomparendo, tranne questo grande albero che Darwin definì "fossile vivente".
Originaria probabilmente della Cina interna, e considerata per molto tempo estinta allo stato spontaneo, sembra essere stata invece ritrovata in formazioni boschive naturali in una piccola zona nei pressi di Nanchino. Il ginkgo è comunque coltivato da sempre nei giardini dei templi e dei luoghi di culto in Cina e soprattutto in Giappone, venerato come "albero sacro" perché si riteneva proteggesse dai cattivi spiriti e perché rappresentava il simbolo della coincidenza tra gli opposti e dell'immutabilità delle cose.
Si tratta di un albero imponente, a lento accrescimento e molto longevo, che può superare i 30 metri di altezza. Molto comune in parchi e giardini e apprezzato per la forma a ventaglio bilobato delle sue foglie che, prima di cadere in autunno, assumono un bel colore dorato, esso dimostra una particolare resistenza alle malattie, agli attacchi di funghi e di organismi fitofagi, come pure all'inquinamento atmosferico. Si tratta di una specie dioica, cioè a sessi separati, con fiori maschili e femminili portati su piante diverse. Nei giardini pubblici e nelle alberature stradali si preferiscono gli individui maschili, poiché i semi prodotti da quelli femminili emanano un odore rancido per la presenza di acido butirrico nell'involucro carnoso esterno, molto sviluppato e responsabile anche di serie dermatiti da contatto. I semi in Oriente sono usati nell'alimentazione, dopo essere stati sottoposti a fermentazione per liberarli dall'involucro esterno.
Il nome del genere "Ginkgo" ha origini giapponesi e significa "albicocca d'argento" (gin=argento; kyo=albicocca) perché i semi a maturazione sembrano appunto albicocche infarinate. Il nome della specie, "biloba", si riferisce alla forma bilobata della foglia. "Ginkgo" è però un nome erroneo, causato da un errore di stampa riportato da Linneo (in Mantissa plantarum, 1767), al posto di "Ginkyo", che rappresenta la pronuncia originale del nome giapponese; questo nome però è ormai fissato dalle regole di nomenclatura.
Secondo la tradizione il maestoso ginkgo situato all'interno della porta Nord nel quarto omonimo venne importato a Padova nel 1750. Si tratta di un esemplare maschile su cui, verso la metà dell'Ottocento, fu innestato a scopo didattico un ramo femminile. Ogni anno questo ramo si ricopre di ovuli, portati generalmente in coppia da brevi peduncoli, che in autunno si trasformano in semi carnosi giallastri. Il vecchio ginkgo ha perso la sua caratteristica forma a cono a causa di un fulmine; la forma tipica si può invece ammirare in un individuo più giovane situato al di fuori del muro, subito dietro alla serra che ospita la palma di Goethe e di fronte alla prima delle serre ottocentesche.
Questa pianta raccoglie da sempre l'interesse di artisti e poeti di tutto il mondo: tra i più illustri Wolfgang Goethe, che le dedicò uno scritto.
Il Ginkgo biloba è attualmente molto studiato in campo medico. Le sue foglie contengono infatti numerosi flavonoidi e ginkgolidi (a struttura terpenica), sostanze utili per la prevenzione e la cura di patologie del microcircolo, soprattutto di natura aterosclerotica e sostenute da aumentata aggregabilità piastrinica. E' inoltre utile nell'insufficienza cerebrovascolare con deficit cognitivo, oltre che nei disturbi auditivi e dell'equilibrio. Le sue numerose attività terapeutiche ne sconsigliano però l'uso per automedicazione: è indispensabile un controllo da parte del medico. Sono ancora da evitare associazioni con farmaci che modificano l'aggregazione piastrinica (per es. l'aspirina), per la possibilità di pericolose interazioni.
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Cannabis sativa
La canapa è una pianta annua di origine centroasiatica coltivata da millenni per l'ottima fibra tessile, i semi oleosi e i ben noti principi psicoattivi. Per quanto la coltura sia in forte declino, in Italia è ancora presente come avventizia in quasi tutte le regioni, compreso il Friuli-Venezia Giulia. Prove dell'utilizzo della cannabis si hanno fin dai tempi del Neolitico, testimoniate dal ritrovamento di alcuni semi fossilizzati in una grotta in Romania; il più antico manufatto è un pezzo di stoffa di canapa risalente all'8000 a.C. La produzione commerciale di canapa in occidente prese vigore nel XVIII secolo a causa della espansione coloniale e navale che richiedeva grandi quantità di canapa per la produzione di corde, vele e stoppa. La fibra tessile di canapa viene ottenuta dal floema dei fusti; le fibre, tuttora largamente utilizzate dagli idraulici come guarnizione, vengono usate per la produzione di tessili e corde e per centinaia di anni, fino alla seconda metà del Novecento, furono la materia prima principale per la produzione di carta. La coltura della canapa per usi tessili ha una antica tradizione in Italia, legata soprattutto all'espandersi delle Repubbliche marinare, così come la tradizione di utilizzarla per telerie ad uso domestico: le tovaglie di canapa in Romagna decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde sono prodotte ancor oggi. I semi (ricchi di acidi linoleici, vitamine e amminoacidi essenziali) sono usati come mangime per gli uccelli e per la spremitura di un olio utilizzato anche come combustibile. I fiori (e in misura minore le foglie, i fusti e i semi) contengono cannabinoidi psicoattivi che vengono consumati per scopi ricreativi, medicinali e spirituali. La concentrazione delle sostanze psicoattive è molto variabile tra i diversi cultivar, variamente trattati a livello tassonomico come specie distinte, varietà o sottospecie. Fumatori di cannabis dell'antichità furono popolazioni hindu di India e Nepal e gli Hashashin, presenti in Siria, dai quali prese il nome l'Hashish. La cannabis fu anche utilizzata dagli assiri, che ne appresero le proprietà psicoattive dagli arii la fecero conoscere anche a sciti e traci, che cominciarono a farne uso anche durante i loro riti religiosi. Alcune fonti ne hanno fatto risalire l'uso in Grecia già nell'800 a.C. Nell'Europa centrale, ancor prima dell'espansione dell'impero romano, la cannabis era già coltivata e usata nelle isole britanniche dalle tribù dei celti e dei pitti (III-IV sec. a.C.). Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia menziona le proprietà terapeutiche dell'erba. Nel Medioevo l'uso proseguì lecitamente sino al 1484 quando una bolla papale ne vietò l'uso ai fedeli. Il nome generico è quello usato dagli antichi romani, il nome specifico in latino significa ‘coltivata’. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-settembre.
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Allium sativum
L'aglio da cucina è una pianta bulbosa coltivata sin dall'antichità e selezionata a partire da progenitori di probabile origine centro-asiatica occidentale. Oggi esiste solo come pianta coltivata, ma appare qua e là in tutto il territorio italiano allo stato subspontaneo, soprattutto presso gli abitati. L'odore caratteristico è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui l'alliina ed i suoi derivati, come l'allicina ed il disolfuro di diallile. Nel folclore europeo si riteneva che l'aglio tenesse lontani i vampiri, forse perché i vampiri erano considerati dei 'parassiti' e per il fatto che l'aglio ha proprietà antielmintiche. Il potere antisettico era noto fin dall'antichità: nel Medioevo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni. Il nome generico, già in uso presso i romani, deriva da una radice indoeuropea che significa 'caldo', 'bruciante', per l'odore e sapore pungenti dei bulbi, il nome specifico significa ‘coltivato’. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Senecio angulatus
Il senecio rampicante, o senecio del Capo, è una pianta originaria del Sudafrica che è stata introdotta in molti paesi come pianta ornamentale e si è spesso naturalizzata (come ad esempio sulle Alpi Marittime), divenendo a volte invasiva. In Italia è più frequente in parchi e giardini della fascia mediterranea, spesso lungo le coste in quanto tollera bene la salinità. La pianta è tossica per la presenza di alcaloidi ad azione lenta ma molto dannosa per il fegato e cancerogena, che possono anche passare al miele ed al latte. Il nome generico deriva dal latino 'senex' (vecchio), alludendo ai pappi biancastri dei frutti o alla pelosità grigia di molte specie; il nome specifico si riferisce ai fusti angolosi. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: maggio-dicembre.
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Nymphoides peltata
Nymphoides peltata
Il limnantemio è una specie a vasta distribuzione eurasiatica, altrove coltivata per ornamento e a volte divenuta invasiva (come in Nord America), presente in tutte le regioni dell’Italia settentrionale (salvo che in Liguria e Valle d’Aosta), in Toscana, Lazio e Sardegna. Cresce in acque dolci stagnanti o correnti poco profonde, nelle paludi, lungo i fossi e i fiumi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore, e sta divenendo piuttosto rara a causa dell'inquinamento delle acque. Il nome del genere si riferisce alla somiglianza dei fiori con quelli delle ninfee, quello specifico in latino significa ‘a forma di scudo’, in riferimento alle foglie sostenute da un picciolo inserito nella parte centrale della lamina. Forma biologica: idrofita radicante. Periodo di fioritura: giugno-settembre.
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Helianthus tuberosus
Il topinambur è una pianta di origine nordamericana, oggi diffusissima in tutte le regioni d’Italia. Il nome popolare ‘topinambur’ è la trascrizione di una parola brasiliana, ma la pianta sembra sia stata importata in Francia dal Canada nel 1603 dal francese Samuel Champlain; già nel 1616 il naturalista e botanico Fabio Colonna, nella seconda edizione dell’opera Ecpharais, scrive indicandola come ‘Flos solis farnesianus’: era infatti già coltivata nel Giardino Farnese a Roma, dove era conosciuta con il nome volgare di ‘girasole articocco’. Cresce in vegetazioni pioniere e ruderali, soprattutto lungo il corso medio ed inferiore dei fiumi, su suoli da sabbiosi a limoso-argillosi, freschi e sciolti, ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Il tubero, che somiglia per forma e consistenza a una patata e ha un sapore vagamente simile a quello del carciofo, non contiene amido ma il polisaccaride inulina che lo rende adatto nei regimi ipocalorici degli obesi e dei diabetici. In America è stata sin dai tempi più remoti un'importante pianta alimentare, oggi vive un periodo di riscoperta. Il nome generico deriva dal greco 'helios' (sole) ed 'anthos' (fiore), e significa quindi 'fiore del sole' (è lo stesso del girasole), quello specifico si riferisce ai tuberi commestibili (topinambur). Forma biologica: geofita. Periodo di fioritura: agosto-ottobre.