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Find out moreSpecie botaniche
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Vitis vinifera
La vite è una liana decidua tipicamente mediterranea, oggi coltivata in tutte le aree del globo con clima di tipo mediterraneo (California, Cile Centrale, Sudafrica, Australia meridionale). I primi riferimenti storici alla vite e al vino si trovano tra i Sumeri nell'Epopea di Gilgamesh (III millennio a.C.); testimonianze della coltura si hanno in numerosi geroglifici egizi, presso i quali il vino era bevanda riservata ai sacerdoti, agli alti funzionari e ai re. Furono i Greci ad introdurre la vitivinicoltura in Europa, già in epoca minoica. Esiodo descrive in dettaglio pratiche di vendemmia e di vinificazione e numerosi sono i riferimenti alla vite e al vino anche in Omero. Ai coloni greci si deve l’introduzione della viticoltura in Italia meridionale, dove la pianta incontrò condizioni climatiche e pedologiche ideali, al punto da far meritare alla regione il nome di Enotria. Studi paleontologici hanno però dimostrato che la pianta della vite era già diffusa in Italia, in particolare in Toscana, dove esisteva prima della comparsa degli etruschi. I Romani perfezionarono ulteriormente le tecniche vitivinicole apprese dagli etruschi, come illustrato da numerose opere, in cui si ritrovano concetti biologici e tecniche di coltura tuttora validi. Nel XIX secolo due malattie fungine e un insetto provenienti dall'America sconvolgono la vite: la peronospora della vite, l'oidio e la fillossera, che distrussero vaste estensioni di vigneti tra il 1870 e il 1950. I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti su specie (e ibridi) di origine americana (Vitis berlandieri, V. rupestris e V. riparia), resistenti alla fillossera, e a utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo e il rame per contrastare l'oidio e la peronospora. A volte la vite appare anche allo stato subspontaneo, in arbusteti e siepi presso gli abitati rurali ed in vegetazioni ruderali, su suoli limoso-argillosi mediamente profondi, neutro-subacidi, ricchi in composti azotati. Il nome generico è il nome latino della vite, che deriva da 'viere' (legare), in riferimento alla flessibilità dei rami; il nome specifico si riferisce alla coltivazione per produrre il vino. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Helianthus tuberosus
Il topinambur è una pianta di origine nordamericana, oggi diffusissima in tutte le regioni d’Italia. Il nome popolare ‘topinambur’ è la trascrizione di una parola brasiliana, ma la pianta sembra sia stata importata in Francia dal Canada nel 1603 dal francese Samuel Champlain; già nel 1616 il naturalista e botanico Fabio Colonna, nella seconda edizione dell’opera Ecpharais, scrive indicandola come ‘Flos solis farnesianus’: era infatti già coltivata nel Giardino Farnese a Roma, dove era conosciuta con il nome volgare di ‘girasole articocco’. Cresce in vegetazioni pioniere e ruderali, soprattutto lungo il corso medio ed inferiore dei fiumi, su suoli da sabbiosi a limoso-argillosi, freschi e sciolti, ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Il tubero, che somiglia per forma e consistenza a una patata e ha un sapore vagamente simile a quello del carciofo, non contiene amido ma il polisaccaride inulina che lo rende adatto nei regimi ipocalorici degli obesi e dei diabetici. In America è stata sin dai tempi più remoti un'importante pianta alimentare, oggi vive un periodo di riscoperta. Il nome generico deriva dal greco 'helios' (sole) ed 'anthos' (fiore), e significa quindi 'fiore del sole' (è lo stesso del girasole), quello specifico si riferisce ai tuberi commestibili (topinambur). Forma biologica: geofita. Periodo di fioritura: agosto-ottobre.
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Persea americana
L’avocado, nome con cui è comunemente conosciuta la specie, è un albero di media altezza (generalmente attorno ai 10-15m) originario dell’America centrale. Presenta corteccia grigia e rugosa, foglie ovali e persistenti, fiori ermafroditi piccoli e poco appariscenti di colore verdastro. La parte più nota è il frutto, una drupa ovoidale il cui peso può arrivare al chilo, con grosso seme centrale, polpa giallo pallido molto ricca in grassi e parte esterna (epicarpo) verde o violacea.
Ampiamente coltivato nelle aree tropicali e subtropicali di tutto il mondo, l’avocado trova impiego sia come alimento che a fini cosmetici grazie alle proprietà antiossidanti dell’olio ricavato dalla polpa essiccata del frutto.
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Cordyline australis
L'albero-cavolo, come viene chiamato nell’area di origine, è la più alta delle cinque specie di Cordyline native della Nuova Zelanda. La specie è diffusa da Capo Nord alla parte meridionale della South Island, dove diventa sempre meno comune, raggiungendo il limite meridionale a Sandy Point vicino Oreti Beach. In natura si comporta da specie pioniera che necessita di spazi aperti. L'albero era ben noto ai maori prima della sua descrizione scientifica: ogni tribù aveva nomi diversi per l'albero a seconda degli usi locali; il più usato, ‘Ti Kouka’, si riferisce all'uso delle giovani foglie come cibo. I fusti e rizomi carnosi di sono ricchi di zuccheri naturali e venivano cotti al vapore per produrre un alimento ricco di carboidrati utilizzato anche per dolcificare altri alimenti. Il ciuffo apicale di foglie giovani, simile a un cuore di carciofo, è commestibile da cotto. Una fibra dura e resistente alla salsedine viene ottenuta dalle foglie è stato estratto dalle foglie. La specie, introdotta in Gran Bretagna nel 1823, è oggi ampiamente usata a scopo ornamentale nelle parti più calde d’Europa, con diverse cultivar che differiscono soprattutto nella colorazione delle foglie. Il nome generico deriva dal greco ‘kordyle (clava), in riferimento alle parti ipogee ingrossate, quello specifico si riferisce alla provenienza dall’emisfero australe. Forma biologica: fanerofita scaposa. Syn.: Dracaena australis G. Forst.
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Washingtonia filifera
La washingtonia filifera, o palma californiana, è una palma originaria della California meridionale, Arizona sudoccidentale e Messico settentrionale ove cresce in aree desertiche ma in habitat ripariali e presso le oasi, da noi coltivata nell’Italia mediterranea a scopo ornamentale in parchi e giardini. Si tratta di una pianta a rapida crescita, abbastanza rustica, che cresce bene all'aperto nelle regioni a clima molto mite; predilige esposizioni soleggiate e terreno fertile, ben drenato. Può essere attaccata dal fungo Graphiola phoenicis (Moug.) Poit. che provoca la morte precoce delle foglie. I frutti venivano mangiati crudi, cotti, o ridotti in farina per dolci dalle popolazioni native; le tribù Cahuilla usavano le foglie per fare sandali, tetti di paglia, e cestini. Il genere è dedicato al primo presidente degli U.S.A., George Washington (1732-1799); il nome specifico si riferisce alle numerose fibre filiformi presenti nelle foglie. Forma biologica: fanerofita scaposa.
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Oxalis purpurea
L’acetosela porporina è una specie di origine sudafricana segnalata come avventizia a Catania a partire dal 1965 e in via di espansione come specie avventizia, sinora segnalata anche per diverse regioni dell’Italia centrale e settentrionale. Cresce in vegetazioni ruderali, nelle discariche, ai margini di strade, alla periferia di abitati, su suoli limoso-argillosi piuttosto freschi e ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Il sapore aspro della pianta deriva dall'alto contenuto in acido ossalico; il nome generico deriva infatti dal greco 'oxys' (acido) e 'hal-halis' (sale); il nome specifico si riferisce al colore dei fiori. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Chamaerops humilis
La palma nana è l’unica palma spontanea in Italia. In natura cresce nella macchia mediterranea, e da noi è diffusa soprattutto lungo le coste tirreniche, mentre altrove viene spesso coltivata a scopo ornamentale. Gli esemplari dell’Orto botanico di Padova, che raggiungono dimensioni ragguardevoli, sembra siano stati piantati nel 1585 e vengono chiamati anche ‘palma di Goethe’ , in quanto furono citati dal grande scrittore tedesco nella sua importante opera dedicata alla metamorfosi delle piante. Il nome generico deriva dal greco 'khamai' (piccolo) e 'rhops' (arbusto, cespuglio), alludendo alle piccole dimensioni della pianta negli ambienti naturali; il nome specifico ha lo stesso significato. Forma biologica: fanerofita scaposa/ nanofanerofita. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Asplenium foresiense
Asplenium foresiense
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Asplenium adiantum-nigrum) appartiene allo stesso genere.
L'asplenio foresiaco è una felce diffusa sulle catene montuose della regione Mediterranea nord-occidentale; in Italia è presente in Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Veneto e Toscana. Nel territorio euganeo è strettamente legato agli ambienti rupicoli di Rocca Pendice, nei pressi di Teolo. Cresce su rocce stillicidiose, preferibilmente silicee, dalla fascia collinare a quella montana inferiore. Il nome generico deriva dal greco 'a' (contro) e 'splen' (milza), per l'antico e ingiustificato uso di A. ceterach contro i calcoli della milza; il nome specifico si riferisce alla regione del Monte Forez nel distretto della Loira, luogo della prima descrizione. Forma biologica: emicriptofita rosulata. Periodo di sporificazione: marzo-ottobre.
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Allium sativum
L'aglio da cucina è una pianta bulbosa coltivata sin dall'antichità e selezionata a partire da progenitori di probabile origine centro-asiatica occidentale. Oggi esiste solo come pianta coltivata, ma appare qua e là in tutto il territorio italiano allo stato subspontaneo, soprattutto presso gli abitati. L'odore caratteristico è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui l'alliina ed i suoi derivati, come l'allicina ed il disolfuro di diallile. Nel folclore europeo si riteneva che l'aglio tenesse lontani i vampiri, forse perché i vampiri erano considerati dei 'parassiti' e per il fatto che l'aglio ha proprietà antielmintiche. Il potere antisettico era noto fin dall'antichità: nel Medioevo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni. Il nome generico, già in uso presso i romani, deriva da una radice indoeuropea che significa 'caldo', 'bruciante', per l'odore e sapore pungenti dei bulbi, il nome specifico significa ‘coltivato’. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Aquilegia vulgaris
L'aquilegia comune è una specie a vasta distribuzione eurasiatico-temperata presente in tutte le regioni d’Italia salvo che in Sardegna, più spesso coltivata nei giardini e inselvatichita. Cresce in faggete e boschi misti, le forme sfuggite alla coltivazione anche in ambienti urbanizzati. Tutta la pianta e soprattutto i semi sono tossici per il contenuto in glucosidi cardioattivi che liberano acido cianidrico e alcaloidi (aquilegina). Il nome generico, di antico uso, ha etimologia incerta: potrebbe derivare dal latino 'aquilegium' (recipiente per l'acqua) per la forma dei fiori, o da 'aquila' per gli speroni simili al becco dell'aquila; il nome specifico deriva dal latino ‘dumétum’ (cespuglio) e ‘colo’ (abito) e significa quindi ‘che vive fra i cespugli’. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-agosto. Syn.: Aquilegia vulgaris auct. Fl. Ital.
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Foeniculum vulgare
Il finocchio è una specie a distribuzione eurimediterranea presente in tutte le regioni d’Italia. Cresce in vegetazioni ruderali presso gli abitati, lungo le strade, in discariche etc., su suoli abbastanza profondi e ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana inferiore. È frequentemente coltivato sia per le guaine fogliari commestibili che per i frutti fortemente aromatici. Il nome generico era già in uso presso i Romani, il nome specifico deriva dal latino 'vúlgus' (volgo) e significa 'comune, diffuso, frequente'. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Prunus armeniaca
L'albicocco, originario dell'Asia centrale, è coltivato in Cina da più di 4.000 anni; venne diffuso quindi alla Persia e Armenia e poi importato durante l'Impero Romano in Grecia ed Italia. Viene coltivato come pianta da frutto in tutta Italia, dal livello del mare ai 1.000 metri circa, ed è segnalato come specie avventizia in molte regioni d’Italia. I frutti possono essere consumati freschi o secchi e utilizzati per fare marmellate e succhi di frutta. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia incerta (deriva comunque dal greco ‘prunon’, che significa ‘prugna’); quello specifico si riferisce al fatto che Dioscoride lo riteneva originario dall'Armenia. Il nome comune sembra derivare dal latino 'praecoquus' (primaticcio). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: marzo (in Sicilia anche gennaio)-maggio.