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Find out moreThe new restoration project involve the central fountain, the fountains of the quarters, of Theophrastus and of the Four Seasons
Find out moreSpecie botaniche
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Yucca aloifolia
Il genere Yucca è originario delle regioni a clima tropicale secco del Nuovo Mondo, come Messico, California e Caraibi. Comprende più di 30 specie di alberi e arbusti che in natura raggiungono anche i 15-20 metri di altezza, ma da noi raramente più alti di 2 metri. Le varie specie prediligono esposizione soleggiata, terreni asciutti e senza ristagno d'acqua, anche se alcune possono crescere in Italia settentrionale in posizioni riparate dal gelo. La specie più coltivata a scopo ornamentale è Y. gloriosa; altre specie sono Y. aloifolia e Y. arborescens. Il nome generico deriva dal nome comune con cui queste piante venivano chiamate nell'America centro-settentrionale; il nome specifico significa 'a foglie d'Aloe' (un genere di piante succulente). Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.
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Allium ampeloprasum
Il porraccio è una pianta a distribuzione eurimediterranea presente in tutte le regioni d’Italia salvo che in Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige (avventizia in Sardegna). Cresce nei vigneti su antichi terrazzamenti e presso gli abitati, su suoli argillosi abbastanza profondi, ma anche su vecchi muri in pietra, in incolti aridi, ai bordi dei campi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. Le cellule intatte di tutti gli Allium contengono alliina, un amminoacido inodore che per azione dell'enzima alliinasi, liberantesi con la rottura del bulbo, si trasforma in allicina, composto fortemente odoroso; tutte le specie di Allium possiedono diverse proprietà medicinali; bulbi e foglie sono commestibili. Il nome generico, già in uso presso i romani, deriva da una radice indoeuropea che significa 'caldo', 'bruciante', per l'odore e sapore pungenti dei bulbi; il nome specifico deriva dal greco 'ampelos' (vite) e 'prason' (porro). Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Artemisa vulgaris
L’assenzio selvatico è una specie a vasta distribuzione circumboreale-temperata presente in tutte le regioni d’Italia. È un po' meno termofila e più xerofila di A. verlotiorum e colonizza terreni mesici ricchi in composti azotati, in ambienti fortemente disturbati quali margini di strade, discariche, campi abbandonati etc., dal livello del mare alla fascia montana. Una singola pianta è in grado di produrre sino a 700.000 frutti. La pianta è a volte usata come digestivo, anche se è tossica quando consumata in grandi quantità: come le altre specie congeneri, contiene il tossico thujone. Il nome generico era già in uso presso i greci antichi ma è di etimologia incerta: potrebbe riferirsi ad alla dea Artemide (Diana) o alla regina Artemisia, moglie di Mausolo, re di Caria; il nome specifico deriva dal latino 'vúlgus' (volgo) e significa 'comune, diffuso, frequente'. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: luglio-ottobre.
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Myrtus communis
Il mirto, presente allo stato spontaneo nella macchia mediterranea, è spesso coltivato come pianta ornamentale in parchi e giardini, da cui a volte sfugge soprattutto nell'Italia mediterranea. Il nome generico deriva da ‘mýrtos’, quello greco della pianta, e questo forse deriva da ‘mýro’ (io stillo); è legato a quello di Myrsine, leggendaria fanciulla greca uccisa da un giovane da lei battuto nei giochi ginnici e trasformata da Pallade in un arbusto di mirto. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Elettaria cardamomum
Il “cardamomo verde”, o “vero cardamomo”, è specie nativa dell’India meridionale dove, per il suo aroma pungente, trova largo impiego in cucina nella preparazione di piatti dolci e salati oltre che per bevande tipiche (caffè alla turca, tè iraniano). E’ una specie perenne a rizoma legnoso da cui si dipartono lunghe foglie lanceolate e una spiga di grandi fiori violetti o, più raramente, bianchi che producono frutti a capsula contenenti parecchi semi scuri. La spezia è data da questi ultimi che vengono impiegati freschi poiché all’aria perdono rapidamente il loro aroma. A scopo terapeutico, i semi di cardamomo si sono dimostrati efficaci in caso di disturbi gastrointestinali e come antisettico. La pianta, nota anche agli antichi Greci e Romani, occupa il terzo posto tra le spezie più care al mondo.
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Morus alba
Il gelso bianco, originario dell'Asia orientale, fu introdotto in Europa nel XII secolo per l'allevamento del baco da seta che lo preferisce al gelso nero (la presenza in Italia è documentata dal 1434). Oggi è presente in quasi tutte le regioni d’Italia. Cresce in filari piantati dall’uomo ai margini degli abitati. I frutti sono commestibili, anche se quasi mai appaiono sul mercato per la difficile conservazione. Il nome generico è quello utilizzato dagli antichi romani per il gelso nero, pianta da loro già conosciuta perché originaria dell'Asia Minore; deriva a sua volta dal greco antico 'meros' (parte), in riferimento all'infruttescenza formata da tanti piccoli frutti con involucro carnoso; il nome specifico deriva dal latino 'albus' (bianco) e si riferisce sempre ai frutti ma questa volta al loro colore prevalente (esistono anche forme a frutti rosa o violetti, che possono generare confusione col gelso nero). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Carica papaya
La specie più conosciuta della famiglia delle Caricaceae è Carica papaya, nota comunemente come papaya, detta anche “albero dei meloni” per l’aspetto dei suoi frutti. Fu citata per la prima volta nel Cinquecento dal cronista spagnolo De Oviedo al seguito delle spedizioni spagnole nel Nuovo Mondo. Ha l’aspetto di un albero di piccole dimensioni (raggiunge al massimo i 5-8 m di altezza), a fusto singolo non ramificato. Nella parte terminale è inserita una corona di grandi foglie palmate, con il picciolo che può raggiungere il metro di lunghezza. Per favorire la maturazione dei frutti esponendoli direttamente al sole le foglie cadono e lasciano ben visibili lungo il tronco i segni delle cicatrici.
Dal punto di vista riproduttivo è una specie particolare: in genere è dioica, cioè ogni pianta porta solo fiori maschili o solo fiori femminili, ma sono state selezionate anche piante con fiori ermafroditi. Alcune varietà possono presentare, a seconda dell’andamento climatico, fiori maschili oppure femminili, o può succedere che piante maschili o ermafrodite diventino femminili se vengono danneggiate o tagliate alla sommità. I fiori, morfologicamente distinti a seconda del sesso, sono numerosi, profumatissimi e con una corolla a cinque petali giallognoli.
Il frutto è una bacca di forma oblunga, che a maturità assume un colore giallo arancio, con una polpa succosa che contiene al centro piccoli semi neri, ricoperti da un arillo mucillaginoso. Le dimensioni sono variabili e può pesare anche 9 Kg. La papaya continua a produrre nuovi fiori e contemporaneamente si sviluppano i frutti, perciò presenta sempre sia fiori che frutti a vario grado di maturazione.
È una pianta probabilmente originaria dell’America centrale, diffusa e ampiamente coltivata nelle regioni tropicali e subtropicali, principalmente per i frutti, ricchi di calcio, fosforo, ferro, potassio e vitamina A, B e C, di flavonoidi e polifenoli, noti antiossidanti. Oltre che per l’importanza alimentare del frutto, è ampiamente coltivata per il lattice. Ricavato soprattutto dalla buccia e dalla polpa dei frutti immaturi, ma anche da altre parti della pianta, il lattice contiene enzimi proteolitici, quindi è molto utile per migliorare la digestione in particolare la papaina, impiegata nell’industria farmaceutica per la sua azione antiparassitaria intestinale, digestiva e antinfiammatoria.
La papaina viene usata anche nella fabbricazione di birra, perché elimina le proteine che a bassa temperatura precipitano e la intorbidiscono, nell’industria cosmetica e dei detergenti nell'industria alimentare per intenerire le carni in scatola, in quella tessile per il trattamento di lana e seta prima della coloritura.
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Androsace lactea
Androsace lactea
L’androsace lattea è una specie delle montagne dell’Europa sudorientale presente sulle Alpi e Prealpi orientali dalla Lombardia al Friuli. La distribuzione regionale è ristretta alle Prealpi Giulie, ove la specie è molto rara e localizzata. Cresce su rupi calcaree o dolomitiche, con optimum nella fascia alpina. Il nome generico è di etimologia molto incerta, quello specifico si riferisce al colore bianco-latteo dei fiori. Forma biologica: camefita suffruticosa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Orchis laxiflora
Orchis laxiflora
Chiamata comunemente orchide acquatica o galletto di palude, è una specie a distribuzione eurimediterranea presente in tutte le regioni d'Italia salvo che in Valle d'Aosta e forse Trentino-Alto Adige. Cresce in prati umidi ed acquitrinosi, paludi, bordi di stagni, su suoli freschi e tendenzialmente acidi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. Il fusto, alto fino a 60 cm, è sfumato in viola nella parte sommitale. Porta fiori di colore porpora scuro, con labello pendulo, ampio e con tre lobi, con il mediano è più chiaro. Lo sperone violetto, più corto dell’ovario, è rivolto verso l’alto. Il nome generico deriva dal greco 'anakamptéin' (ripiegare), per i tepali esterni ripiegati all'infuori o per le due lamelle rialzate e piegate verso l'esterno che si trovano all'entrata dello sperone; il nome specifico deriva dai vocaboli latini 'laxus' (allentato) e 'flos' (fiore) per l'infiorescenza lassa con relativamente pochi fiori.
La specie è stata recentemente trasferita al genere Anacamptis sulla base di dati molecolari, prima faceva parte del genere Orchis, che in greco significa 'testicoli', alludendo ai due tuberi appaiati di grandezza diversa. Fiorisce da aprile a giugno. Nei prati umidi del Parco Naturale Regionale del fiume Sile trova condizioni adatte alle sue esigenze ecologiche, ma è presente anche in altre località del Veneto, fra cui il Parco Regionale dei Colli Euganei.
Entità protetta a livello nazionale, nella Lista Rossa del Veneto le viene attribuito un livello di rischio “CR”, cioè gravemente minacciata di estinzione.
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Bauhinia aculeata
Per la bellezza del suo fiore questa specie viene anche chiamata dagli anglosassoni “albero delle orchidee bianche”. Il genere fu dedicato ai fratelli Bauhin, illustri botanici svizzeri. Arbusto dai lunghi rami flessibili che si appoggiano alle piante circostanti. Le foglie sono bilobate, molto caratteristiche. I grandi fiori bianchi presentano cinque lunghi petali e numerosi stami bianchi dai filamenti allungati e spesso curvi, come pure lungo e curvo è il pistillo centrale
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Corylus avellana
Il nocciolo è un arbusto deciduo a distribuzione europea con tendenza subatlantico-submediterranea, presente in tutte le regioni d’Italia. Cresce nelle radure e nei mantelli di boschi di latifoglie decidue, su suoli limoso-argillosi profondi, freschi, umiferi, ricchi in basi e composti azotati, dalla fascia submediterranea a quella montana. Le qualità alimentari della nocciola sono note fin dall'antichità: sono un alimento energetico di grande valore e una preziosa fonte di vitamine e minerali. L'industria dolciaria utilizza la farina di nocciole per la produzione di nocciolati, torroni e pasta di gianduia (creata quando Napoleone bloccò l'importazione delle spezie e si verificò una penuria di cacao). L'alta capacità pollonifera ha favorito la coltivazione del nocciolo come pianta ornamentale e da frutto. Il legno, ottimo combustibile, è utilizzato anche per palerie. Il nome generico deriva dal greco 'koris' (elmo), e si riferisce alla forma dell'involucro erbaceo che ricopre la nocciola; il nome specifico deriva da Avella, un centro campano nella provincia di Avellino, noto sin dai tempi dei Romani per la produzione di nocciole. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: marzo-aprile.
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Apium graveolens
Il sedano è una specie di origine incerta: forme selvatiche si trovano in zone paludose dell’Europa meridionale e dell'Asia occidentale, in particolare nella porzione orientale dell’area mediterranea; da queste è iniziata la coltivazione sin da tempi molto antichi. Foglie e infiorescenze di sedano erano parte delle ghirlande rinvenute nella tomba del faraone Tutankhamon (morto nel 1323 a.C.) e frutti risalenti al VII secolo a.C. sono stati recuperati a Samos. In entrambi i luoghi il sedano è spontaneo, per cui è difficile stabilire se questi resti rappresentino forme selvatiche o coltivate. Nell'Iliade, i cavalli dei mirmidoni pascolano sul sedano selvatico che cresce nelle paludi di Troia e nell'Odissea si parla di prati di sedano che circondano la grotta di Calipso. Nella Grecia classica il sedano era associato alle divinità ctonie, e foglie di sedano venivano utilizzate come ghirlande per i morti. Oggi il sedano è coltivato in tutto il mondo. In Italia vi sono sia popolazioni naturali, soprattutto al centro-sud, che popolazioni in cui la specie appare allo stato subspontaneo sfuggendo dalla coltivazione, soprattutto in ambienti piuttosto caldi e umidi vicino agli abitati. La coltivazione millenaria ha portato allo sviluppo di diverse cultivar, tra cui il sedano da coste (var. dulce) di cui si utilizzano i piccioli, il sedano-rapa (var. rapaceum) di cui si utilizza la radice e diverse varietà di sedano da foglie. Alla pianta vengono attribuite proprietà aperitive, digestive, diuretiche e carminative. Il nome generico è quello usato dai Romani per il sedano, il nome specifico deriva dal latino da ‘grávis’ (grave) e ‘óleo’ (io esalo) e si riferisce all’intenso odore della pianta. Forma biologica: emicriptofita bienne. Periodo di fioritura: maggio-settembre.