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The exhibition with illustrations by Guido Scarabottolo and some narratives of Annalisa Metta, Giovanni Morelli and Daniele Zovi
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A special ticket to discover eight prestigious cultural sites of the University of Padua
Find out moreSpecie botaniche
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Philodendron bipinnatifidum
Arbusto sempreverde appartenente alla famiglia delle Araceae, è originario del Sud America e, più specificatamente, delle foreste pluviali brasiliane ma viene ampiamente coltivato lungo le coste americane così come in alcune zone dell’Asia quali le Filippine.
Il fusto, che può superare i tre metri d’altezza, è a rapida crescita e spesso produce lunghe radici aeree vicino alla base, dalle quali è derivato uno dei nomi vernacolari di questa specie (fillodendro àncora). Le foglie sono grandi, arrivano tranquillamente al metro di lunghezza, profondamente incise e simili a quelle di Monstera deliciosa Liebm., specie della stessa famiglia e originaria nell’America centrale. L’infiorescenza, che si sviluppa tardivamente, consiste in un lungo spadice bianco-verde parzialmente avvolto da una spata verde esteriormente e color crema all’interno; sullo spadice sono presenti migliaia di piccoli fiori con i maschili concentrati all’apice, i femminili alla base e una serie di fiori maschili sterili nella parte centrale. Con l’inizio della fioritura si sviluppano, all’interno della spata, temperature piuttosto elevate che, unitamente all’odore, attirano gli impollinatori, principalmente alcuni coleotteri notturni.
La specie contiene delle sostanze tossiche, soprattutto ossalati di calcio, che la rendono dannosa sia per ingestione che per contatto.
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Atropa belladonna
La belladonna è una specie a vasta distribuzione eurasiatica presente in tutte le regioni d'Italia. Cresce nelle radure delle faggete e quercete mesofile, su suoli limoso-argillosi freschi e profondi, da neutri a subacidi; appare sporadicamente anche altrove per opera degli uccelli. La pianta contiene alcaloidi fortemente tossici, tra cui josciamina, atropina e scopolamina. Il nome generico deriva da Atropos, una delle tre Parche che recidevano il filo della vita, per la forte velenosità della pianta; il nome specifico si riferisce all'uso rinascimentale da parte delle donne per l'allargamento delle pupille a scopo cosmetico (midriasi). Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-settembre.
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Paris quadrifolia
L’uva di volpe è una specie a vasta distribuzione eurasiatica presente in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Puglia (ma è ormai estinta nella pianura padana per la distruzione degli habitat boschivi). Cresce in boschi umidi di latifoglie decidue e di conifere, in posizioni ombreggiate, su suoli piuttosto freschi e ricchi in sustanza organica, dal livello del mare alla fascia alpina, ma con optimum nella fascia montana. Contiene diverse sostanze tossiche, tra cui i glucosidi paridina e paristifina, asparagina e resine; particolarmente pericolose sono le bacche, che spesso vengono confuse con frutti di bosco commestibili. Il nome generico deriva dal latino 'par' (pari) per il numero di foglie che solitamente sono quattro; il nome specifico si riferisce alle quattro foglie disposte in un unico verticillo. Forma biologica: geofita rizomatosa. Periodo di fioritura: maggio-agosto.
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Senecio angulatus
Il senecio rampicante, o senecio del Capo, è una pianta originaria del Sudafrica che è stata introdotta in molti paesi come pianta ornamentale e si è spesso naturalizzata (come ad esempio sulle Alpi Marittime), divenendo a volte invasiva. In Italia è più frequente in parchi e giardini della fascia mediterranea, spesso lungo le coste in quanto tollera bene la salinità. La pianta è tossica per la presenza di alcaloidi ad azione lenta ma molto dannosa per il fegato e cancerogena, che possono anche passare al miele ed al latte. Il nome generico deriva dal latino 'senex' (vecchio), alludendo ai pappi biancastri dei frutti o alla pelosità grigia di molte specie; il nome specifico si riferisce ai fusti angolosi. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: maggio-dicembre.
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Triticum aestivum
Il frumento è una pianta annua selezionata dall’uomo in tempi antichissimi a partire da diverse specie selvatiche con corredo cromosomico diploide, oggi coltivato in tutto il mondo. I frumenti diploidi e tetraploidi sono giunti nel bacino del Mediterraneo già alla fine del Neolitico, quelli esaploidi probabilmente più tardi. A volte sfugge alle colture e appare allo stato subspontaneo in ambienti disturbati presso le strade. Il nome generico secondo Varrone deriva dal latino 'tritum' (battuto), per l'uso di battere il frumento onde far uscire il grano dalle spighe. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Tamus communis
Specie submediterranea presente in tutta Italia dalla costa alla fascia montana inferiore ove diviene più sparsa e rara. Cresce in boschi e boscaglie termofili e nei rispettivi mantelli, su suoli da poco a mediamente profondi, sia calcarei che marnoso-arenacei, abbastanza umiferi ed esposti ad una certa siccità estiva. Il nome generico fu usato da Plinio e da Columella per un vitigno selvatico. I germogli sono commestibili previa cottura ma le parti fresche sono tossiche ed i frutti molto velenosi; il contatto con le foglie può causare irritazioni della pelle. Forma biologica: geofita radicegemmata. Periodo di fioritura: aprile-luglio.
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Allium ampeloprasum
Il porraccio è una pianta a distribuzione eurimediterranea presente in tutte le regioni d’Italia salvo che in Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige (avventizia in Sardegna). Cresce nei vigneti su antichi terrazzamenti e presso gli abitati, su suoli argillosi abbastanza profondi, ma anche su vecchi muri in pietra, in incolti aridi, ai bordi dei campi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. Le cellule intatte di tutti gli Allium contengono alliina, un amminoacido inodore che per azione dell'enzima alliinasi, liberantesi con la rottura del bulbo, si trasforma in allicina, composto fortemente odoroso; tutte le specie di Allium possiedono diverse proprietà medicinali; bulbi e foglie sono commestibili. Il nome generico, già in uso presso i romani, deriva da una radice indoeuropea che significa 'caldo', 'bruciante', per l'odore e sapore pungenti dei bulbi; il nome specifico deriva dal greco 'ampelos' (vite) e 'prason' (porro). Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Prunus avium
Il ciliegio è un albero deciduo oggi divenuto subcosmopolita per coltivazione in diverse varietà; l'areale originario dovrebbe essere il territorio che va dal Caucaso ai Balcani; secondo alcuni autori che si rifacevano agli scritti di Plinio, l'ingentilimento e la messa a coltura sono iniziati nell'Asia occidentale; tuttavia, i semi sono stati trovati in depositi archeologici presso insediamenti dell'età del bronzo antico in tutta Europa, compresa la Gran Bretagna, oppure presso Desenzano del Garda e Lonato. Allo stato coltivato il ciliegio è comune in tutta Italia sino alla fascia montana inferiore; allo stato subspontaneo è diffuso ma non sempre comune e cresce in boschi mesofili maturi e talvolta nelle siepi, su suoli argillosi piuttosto profondi e abbastanza ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Si coltiva per il frutto fresco o da conservare in alcool, come pianta ornamentale, per la ricca fioritura primaverile e per l'aspetto che acquisisce in autunno con l'ingiallimento delle foglie, oppure per il legname. Il legno è duro, a grana uniforme, dalle tonalità calde, bruno-rossicce, e si presta per la costruzione di mobili di pregio e lavori al tornio. Le foglie contengono una sostanza colorante viola. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia incerta (deriva comunque dal greco ‘prunon’, che significa ‘prugna’), quello specifico in latino significa 'degli uccelli'. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Schinus molle
Il falso pepe del Perù è un albero-arbusto originario delle aree subdesertiche delle Ande, dal Perù al Cile Centrale e all’Argentina nordoccidentale, coltivato a scopo ornamentale nelle parti più calde della regione mediterranea, compresa l’Italia; in Sud Africa e in Australia è divenuto localmente invasivo. Nelle aree di origine alla pianta si attribuiscono proprietà antibatteriche e insetticide; il frutto ha la stessa grandezza del vero pepe e un sapore piccante e viene ancor oggi commercializzato in misture con il vero pepe, anche se sembra essere tossico per gli animali. Il nome generico deriva dal greco ‘schinos’, l’antico nome del lentisco, per la somiglianza di foglie e frutti e la presenza di resine. Forma biologica: fanerofita scaposa.
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Orchis laxiflora
Orchis laxiflora
Chiamata comunemente orchide acquatica o galletto di palude, è una specie a distribuzione eurimediterranea presente in tutte le regioni d'Italia salvo che in Valle d'Aosta e forse Trentino-Alto Adige. Cresce in prati umidi ed acquitrinosi, paludi, bordi di stagni, su suoli freschi e tendenzialmente acidi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. Il fusto, alto fino a 60 cm, è sfumato in viola nella parte sommitale. Porta fiori di colore porpora scuro, con labello pendulo, ampio e con tre lobi, con il mediano è più chiaro. Lo sperone violetto, più corto dell’ovario, è rivolto verso l’alto. Il nome generico deriva dal greco 'anakamptéin' (ripiegare), per i tepali esterni ripiegati all'infuori o per le due lamelle rialzate e piegate verso l'esterno che si trovano all'entrata dello sperone; il nome specifico deriva dai vocaboli latini 'laxus' (allentato) e 'flos' (fiore) per l'infiorescenza lassa con relativamente pochi fiori.
La specie è stata recentemente trasferita al genere Anacamptis sulla base di dati molecolari, prima faceva parte del genere Orchis, che in greco significa 'testicoli', alludendo ai due tuberi appaiati di grandezza diversa. Fiorisce da aprile a giugno. Nei prati umidi del Parco Naturale Regionale del fiume Sile trova condizioni adatte alle sue esigenze ecologiche, ma è presente anche in altre località del Veneto, fra cui il Parco Regionale dei Colli Euganei.
Entità protetta a livello nazionale, nella Lista Rossa del Veneto le viene attribuito un livello di rischio “CR”, cioè gravemente minacciata di estinzione.
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Morus alba
Il gelso bianco, originario dell'Asia orientale, fu introdotto in Europa nel XII secolo per l'allevamento del baco da seta che lo preferisce al gelso nero (la presenza in Italia è documentata dal 1434). Oggi è presente in quasi tutte le regioni d’Italia. Cresce in filari piantati dall’uomo ai margini degli abitati. I frutti sono commestibili, anche se quasi mai appaiono sul mercato per la difficile conservazione. Il nome generico è quello utilizzato dagli antichi romani per il gelso nero, pianta da loro già conosciuta perché originaria dell'Asia Minore; deriva a sua volta dal greco antico 'meros' (parte), in riferimento all'infruttescenza formata da tanti piccoli frutti con involucro carnoso; il nome specifico deriva dal latino 'albus' (bianco) e si riferisce sempre ai frutti ma questa volta al loro colore prevalente (esistono anche forme a frutti rosa o violetti, che possono generare confusione col gelso nero). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Vaccinium myrtillus
Il mirtillo nero è una specie a vasta distribuzione circumboreale presente lungo tutto l'arco alpino e sull'Appennino sino al Molise, divenendo sempre meno frequente verso sud. Cresce formando popolamenti densi in brughiere di altitudine e in peccete e faggete altomontane, su suoli profondi, freschi, acidi, ricchi in humus, con optimum dalla fascia montana superiore a quella subalpina, raramente anche più in basso. I frutti del mirtillo sono notoriamente commestibili sia crudi sia in marmellate e sciroppi e contengono un pigmento colorante blu del tipo degli antociani (mirtillina), utilizzato anche come colorante naturali per alimenti con la sigla E163. Le foglie hanno proprietà astringenti. Il nome generico, già usato da Virgilio, probabilmente deriva dalla latinizzazione del greco arcaico 'vakintos' (giacinto a fiore blu) con trasposizione del significato a 'bacca blu', quella del mirtillo nero; il nome specifico in latino significa 'piccolo mirto', in riferimento alla vaga somiglianza delle foglie e dei frutti con quelli del mirto. Forma biologica: camefita fruticosa. Periodo di fioritura: giugno-luglio.